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Immagine del redattoreChiara Girotti

Non chiamatela “Pet Therapy”

“Pet Therapy” è, ancora oggi, il termine più comunemente utilizzato per definire la presenza di un animale durante un’attività ludico-educativa. Nel 1961 Levinson, nel suo testo “Il cane come co-terapeuta” introduce l’animale come mediatore tra il terapeuta e il paziente, capace di creare contatto anche con l’individuo più restio. Ma che tipo di terapia è? E da chi può essere svolta?

Ad oggi, l’Italia è l’unico paese europeo ad aver posto una regolamentazione, tramite un accordo Stato-Regioni (2015), a quelli che vengono definiti Interventi Assistiti con Animali (IAA).

Secondo le Linee Guida, gli Interventi Assistiti possono essere differenziati in: AAA, attività assistite con animali a carattere ludico-ricreativo e non continuativo; EAA, educazione assistita con animali a carattere educativo per il miglioramento del benessere psico-fisico e della qualità di vita, svolto in modo continuativo; TAA, terapia assistita con animali (l’unica a poter essere informalmente definita “Pet Therapy”), per la cura di disturbi della sfera cognitiva, emotiva, relazionale e neuro-psicomotoria, a carattere continuativo e a seguito dell’invio da parte di un medico o di uno psicoterapeuta.

Nelle strutture che vogliano proporre Interventi Assistiti (nella propria sede o in contesti esterni quali ospedali, case di cura e scuole), inoltre, devono essere presenti tutte le figure specifiche, adeguatamente formate per gli Interventi Assistiti. Nel momento in cui si svolgono EAA e TAA, quindi, è chiamata in campo un’equipe multiprofessionale: il coadiutore dell’animale, che prende in carico l’animale e si assicura una corretta gestione di quest’ultimo, il responsabile di progetto e referente di intervento (educatore, psicologo o medico), che prende in carico l’utente e il medico veterinario, che certifica l’idoneità sanitaria e comportamentale dell’animale.

Ad oggi, le specie animali definite idonee per svolgere questo tipo di interventi sono 5: cane, gatto, coniglio, cavallo e asino. Ognuna di queste specie possiede caratteristiche etologiche differenti, che le rendono più o meno idonee ad un’attività (gioco, somministrazione di cibo, “grooming”, attività sensoriali). L’equipe sceglie la specie e l’animale specifico da cui farsi affiancare sulla base delle caratteristiche dell’attività, dell’utente e sulla preferenza di quest’ultimo.

Gli interventi, infine, possono essere rivolti a soggetti di qualsiasi età, normodotati o con presenza di disturbi della sfera fisica, neuromotoria e psichica. L’invio presso un centro può avvenire da parte dell’insegnante, del medico, dello psicologo o per iniziativa personale del soggetto e della famiglia.


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